Quattro domande a Fulvio Giublena

E’ quasi diventato un imperativo categorico: la pizza, classico cibo napoletano poi diventato mediterraneo e diffusosi nel mondo, si accompagna con la birra classica bevanda del Nord Europa prodotto dalla fermentazione dei cereali e del luppolo. Ma come anche spiega Fulvio Giublena nell’intervista qui sotto, fattagli dalla redazione del sito del Kiwanis Club di Vercelli, il tema pizza/birra non può essere liquidato così semplicemente. Almeno per la birra - uno degli elementi del binomio vino/birra - dietro a questa bevanda sempre più gradita e popolari come dicono le statistiche, c’è una cultura millenaria. Essa si sviluppa nella pianura del Tigri e arriva felicemente a noi attraverso la Scozia e la vecchia Germania, geopoliticamente influenzando le grandi aree intorno: all’Est come all’Ovest del continente.
Ma come il vino che richiede grande sapienza negli abbinamenti con i cibi, sempre espressione dei territori e da consumarsi con la dovuta lentezza, così la birra richiede analoga capacità per la giusta esaltazione gastronomica dei piatti da cui ricaviamo il nostro nutrimento e il nostro godimento. Partendo proprio dall’aspetto della cultura tout curt, non solo gastronomica, il Kiwanis Club di Vercelli il 9 aprile ha proposto una conviviale con questo argomento monografico: il cibo e la birra, al di là del solo abbinamento con la pizza, il 26 marzo scorso candidata ad essere un alimento immateriale universale dell’Unesco. E Fulvio Giublena, sommelier delle birre, aderente all’ Ais e con tanti altri incarichi settoriali, è stato invitato a illustrare non solo la bevanda in sé o con quanti alimenti vada sapientemente d’accordo. Anche dietro a questa serata conviviale del Kiwanis Club di Vercelli c’è storia e cultura, ovviamente con date e riferimenti meno lontani nel tempo.
Infatti, Fulvio Giublena agisce professionalmente e si riferisce per la sua attività nel contesto del Slow Food, nutrirsi con lentezza, inventata negli anni Settanta da Carlin Petrini gastonomo universalmente conosciuto, nato a Bra (Cuneo) nel 1947. E un’altra creatura di Carlin Petrini è l’Università di Pollenzo (Cuneo) dove si insegna ai giovani, con il rigore didattico e scientifico la scienza dell’alimentazione, tanto che numerose università italiane e internazionali hanno recepito il messaggio non solo gastronomico bensì culturale che promana da Pollenzo. Infine una terza riflessione che colloca il Kiwanis Club di Vercelli fra i tanti che portano il loro modesto contributo di azione e conoscenza in previsione, il 1° maggio 2015, dell’Expo 2015 di Milano/Rho proprio dedicata al cibo e al nutrimento davvero fondamentali per l’energia della Terra.

I romani bevevano copiosamente anche la birra. Pertanto, è una tradizione latina, rinforzatasi con la calata dei Barbari dal Nord. E così negli anni duemila siamo di fronte ad una riscoperta della bevanda in tutta Europa?
Partendo dal presupposto che la birra, per i popoli mediterranei, viene fatta derivare dalla mesopotamia, culla di culture e civiltà, aggiungo queste due piccole considerazioni:In terra italica, i primi estimatori della birra furono gli Etruschi che, nei loro convivi, amavano consumare una bevanda fermentata moderatamente alcolica, chiamata "pevakh", fatta inizialmente con segale e farro, poi con frumento e miele.
►   Ne è attratto Giulio Cesare che, nei suoi Commentarii, racconta come i Celti iniziassero ogni trattativa con una porzione della bionda bevanda; Augusto ne esalta, addirittura, le virtù terapeutiche, convinto di essere riuscito a guarire da un fastidioso mal di fegato proprio grazie alla "cervisia”.
►   Nerone ne fu fervido estimatore come Agricola, il governatore della Britannia, che, tornato a Roma nell'83 d.C. insieme a tre mastri birrai di Glavum, l'odierna Gloucester, trasformò la sua residenza nel prototipo di un moderno pub, con tanto di birreria e mescitaannesse. Flavio Valente apprezzava un tipo di birra il “Sabaium” – dio Sabazio – Austria da qui Sabaiorum = beone.
Sicuramente le popolazione barbara calata dal nord ha portato con sé le loro tradizioni e le loro bevande, ma non ha storicamente rinforzato il consumo. Negli anni duemila è sicuramente aumentata la diffusione della cultura legata al prodotto ma i consumi pro capite anni sono abbastanza attestati su medie costanti.

In Italia si sta imponendo la bevanda artigianale, tanto che la Penisola è zeppa come non mai di “fabbriche” di birre fatte in casa, o quasi. Il web fornisce i manuali per ottenere nella propri cucina la bevanda quasi fosse un risotto? E’ una manifestazione del solito consumismo “fai da te”, o alla fine è possibile eguagliare i “mastri birrai” del Nord Europa e anche della storia della birra in Italia, ridiventata importante anche da un punto di vista produttivo nell’Ottocento?
In Italia il fenomeno della “ birra fatta in casa” è un fenomeno abbastanza recente E’ solo dal 1995 che in Italia l’homebrewing non è più “fuorilegge”, grazie al decreto legislativo 504 del 26/10/1995). Lavorando bene anche in casa si possono ottenere buoni risultati. Ma la considerazione da farsi è sicuramente legata al fatto che oggi i nostri mastri birrai dei birrifici artigianali hanno raggiunto una qualità pari se non superiore ai grandi maestri europei. Nel 1842 avviene un fenomeno che sconvolge il mondo birrario in repubblica ceca un birrario tedesco mette a punto la “bassa fermentazione” con le Pils ceche che a macchia d’olio invadono tutta l’Europa. Di conseguenza dal vecchio impero austro-ungarico arrivano alcuni imprenditori anche in Italia per sfruttare il fenomeno ( come: Metzger, Wuhrer, Dreher, Paskowski, Caratch, Von Wunster.)

In Piemonte, patria dei vini rossi e bianchi che non hanno nulla da invidiare alla Francia e alla Germania, le birrerie artigianali sono circa un centinaio, alcune delle quali molto importanti nel Vercellese e nel Novarese. E’ una sfida tra vino e birra che si concluderà con il sopravvento della birra, favorita dai nuovi gusti, in particolare dei giovani, e da un modo diverso di vivere singolarmente e collettivamente?E’ impossibile fare previsioni, attualmente i dati pendono favorevolmente  (come consumi) verso il mondo del vino, ma i giovani percentualmente amano e apprezzano maggiormente le birre. Meno alcoliche, più leggere e fruibili sicuramente più di “tendenza”. Consideriamo che la cultura anglosassone considera la birra sicuramente la bevanda più “socializzante” al mondo.

Non c’è cibo, specialmente della cucina italiana sicuramente fra le migliori del mondo, che non si accompagni con il vino, bianco o rosso che sia. E’ così anche per le birre, o il suo destino sarà alla fine di un complemento marginale del fast food?. O al più, di una serata fra gli amici in uno dei tanti bar dello sport?
Le birre sono sicuramente più facili da abbinare a qualunque cibo molto più di un vino. Ma del perché sarà l’argomento della serata. Quindi la birra può essere la bevanda a 360° dallo street food alla cena elegante in un ristorante stellato. Ma attenzione occorre conoscerle molto bene per creare il giusto abbinamento.