Johnny, la precisione di un fucile che non fa male e dietro religione e filosofia

In casa sua,a Vercelli, dopo l’incontro con Giovanni Paolo II che lo ha guardato dritto negli occhi con il magnetismo di un grande del Novecento, ha allestito un altare. Ma come in una bella intervista a Avvenire, quotidiano cattolico italiano, ha detto con semplicità non nascondendosi dietro ad un dito: Non sono bigotto né appartengo ad una famiglia di bigotti. Però credo, e così mi comporto in tutto quello che faccio, nello sport e in tutte le attività che intraprendo.
A Giovanni Pellielo, campione olimpionico di tiro al piattello che ha collezionato grandi riconoscimenti in Italia e nel mondo, il Kiwanis Club di Vercelli ha assegnato il We Build 2015, noi costruiamo, riconoscimento istituito dal Kiwanis International per additare alla comunità persone che abbiano meritato nella loro vita sociale e economica. Conferimento del riconoscimento giovedì 14 maggio a Quinto nel castello degli Avogadro.
Pellielo è un personaggio a tutto tondo, che nelle interviste parla con l’interlucutore limpidamente e rapidamente, badando all’essenziale. Questo modo scarno e ricco di concetti, è da lui stato adottato anche nell’intervista al sito del Kiwanis Club di Vercelli fatta a tre: Piero Castello, presidente del Kiwanis Club, Gianni Marino già presidente e Enrico Villa responsabile della comunicazione kiwaniana. Sullo sfondo il poligono di tiro al piattello San Giovanni di Vercelli, in sponda destra del fiume Sesia, il 12 ottobre 2014 travolto dall’ennesima alluvione del bizzoso corso d’acqua e puntualmente ricostruito in tutte le sue parti con impegno economico anche personale degli impianti gestiti da una società sportiva di cui è presidente mamma Santina, la madre di Pellielo.
In questo poligono, uno dei quattro importanti in Italia, ha ripreso la frequentazione il jet set internazionale della specialità che arriva da tutta Europa e dai paesi arabi dove il tiro al piattello è uno sport popolare, quasi uno sport nazionale.
Giovanni Pellielo, come è arrivato a questa specialità sportiva che le  ha dato tante soddisfazioni alle Olimpiadi e nelle competizioni italiane e mondiali che le procurano molte soddisfazioni?
Quando avevo sette anni, o giù di lì, mia madre appassionata di caccia e di tiro mi portò in un poligono. Quel giorno incominciò a svilupparsi la mia passione per una specialità che non richiede molta fatica ma saldezza di nervi e precisione. La mia carriera di tiratore iniziò nel 1989, a Torino e poi a Vercelli. Il poligono di tiro al piattello di Vercelli funzionava già dal 1969.
Siamo abituati, a causa dei mass-media, a farci attrarre da sport grandemente popolari come il foot-ball e a trascurare specialità un po’ in ombra perché i mezzi di informazione e comunicazione li lasciano in ombra. Anche il tiro al piattello è così. Ma in realtà che cosa è?
La risposta è nei dati. La Federazione raggruppa 8.000 tiratori che rappresentano il 1,2% del Pil nazionale. La nostra attività sportiva impegna oltre 405 mila lavoratori, molti dei quali mastri armieri e cesellatori. La dimostrazione di questa realtà la si ha visitando la mostra che la Beretta ha allestito a Milano. Alcuni preziosi pezzi esposti richiamano le sfilate di moda.
Il suo poligono è diventata un Isola ecologica fluviale……
Il governare gli apparecchi di tiro, sul retro della fossa, richiedono impianti elettronici sinconizzati che comportano cospicui investimenti, così come i fucili di tiro. E che richiedono anche lo smaltimento dei residui di piombo imposti da regole che noi rispettiamo. L’area è popolata da lepri che ci vengono a trovare al poligono e che sono state da noi adottate. Non hanno più timore della nostra attività e dei colpi. Al limitare del poligono, di proprietà della Casa di Riposo di Vercelli, c’è un bosco di robinie. Guai a toccare il bosco. Noi per proteggerlo cerchiamo di intervenire subito.
Ha accennato ad una squadra di “Tiratori verdi” appassionati di tiro al piattello. Ma è da loro una scelta condivisa, ed è una passione vera?
Quanti vengono al poligono e hanno appena quattordici anni conoscono quali sono le regole, e alle stesse si adattano. Noi non deroghiamo. Per praticare questa specialità sportiva, che anche dà la responsabilità dell’uso delle armi, occorre un preciso stile di vita cui non sempre i giovani si adattano. Quindi nessun stravizio, andare dormire presto e curarsi il fisico come in qualsiasi altra specialità sportiva. Un esempio viene loro da un nostro socio e atleta che non demorde: novant’anni e non ha ancora attaccato al chiodo il suo fucile di precisione che soltanto serve ad abbattere i piattelli.
Lei, come hanno raccontato i giornali sportivi narrando dei suoi successi olimpionici e internazionali, pur essendo componente della polizia carceraria, è un appassionato di teologia e di filosofia. Da che cosa le viene questa passione, accanto a quella dello sport del tiro al piattello per il quale sono essenziali le armi? 
Effettivamente sono ispettore della polizia carceraraia e, per questo, faccio parte della squadra azzurra che partecipa alle Olimpiadi. Ho scoperto la teologia e la filosofia a Novara, in seminario, e mi sono appassionato alla materia. Anche per questo ho voluto un altare cattolico dove, a turno, i miei amici sacerdoti officiano la Messa.