Quattro domande a Dino Olivetta

Ormai, imboccando la rete autostradale, abbiamo acquisito questa abitudine: ritrovate i tanti segnali che indicano i servizi essenziali per chi è in viaggio. Dall’inizio degli anni Duemila, l’organizzazione degli amici della via Francigena, con il logo corrispondente alla silouette di un viandante medioevale, puntualmente gli appassionati dell’andare lentamente e a piedi, sulle vie francigene ci hanno abituati a ritrovare tutti i segnali di servizio: per nutrirci, per dormire e riposare negli ostelli, per scoprire i luoghi del cuore di cui è ricca anche la Pianura Padana, in particolare il Piemonte e l’affascinante risaia occidentale e orientale ricca di castelli, santuari, cascine che fino ai primi anni del Novecento erano i nuclei principali di villaggi sospesi fra acqua (delle risaie) e cielo.
Gli amanti di Vercelli della via Francigena, sul tracciato importante di una delle tre vie medioevali (dalla valle di Susa, dalla Valle d’Aosta e dal Torinese) si sono costituiti in Associazione adesso con un centinaio di aderenti. E hanno istituito una microstruttura per la gestione, con un vertice amministrativo cui appartengono il presidente Gianfranco Musso, il tesoriere Franco Conti e il tesoriere Dino Olivetta. Da questo primo decennio la città di Vercelli e l’Arcivescovado hanno preso in attenta considerazione gli amici della via Francigena aiutandoli a creare le basi per una loro sede, ma soprattutto un ostello con una trentina di posti-letto nell’antico convento di Santa Caterina. Per i viandanti italiani ed europei è molto importante. Con questo stesso riferimento si può procedere “non al buio” camminando lentamente attraverso il Vercellese e scoprire luoghi  ricchi di attrazioni, ma sconosciuti o poco conosciuti ai più. A tutto questo si aggiungono mete più ambiziose e assai importanti da un punto di vista culturale, da rigorosamente raggiungere pedibus calcantis. Il segretario degli amici della via Francigena Dino Olivetta è un veterano del muovesi a piedi per sentirsi vivo nelle Comunità italiane ed europee senza confini come, anche fuggendo dalla guerra, stanno facendo a piedi, attraverso parti di Europa orientale, i profughi siriani e nord africani. Nei primi anni degli anni duemila Olivetta, alla maniera dei reporter di un tempo, per ricordare gli incontri sulla via Francigena ha anche scritto un libro, uscito nel 2007 e intitolato Io pellegrino. All’autore che invitato dal Kiwanis Club di Vercelli, il 22 ottobre interpretando la passione degli amici vercellesi della via Francigena parlerà delle sue esperienze incontrando a piedi sulla strada i tanti scampoli di umanità. A Dino Olivetta sugli amici della via Francigena e sul ruolo culturale della loro organizzazione abbiamo rivolto quattro domande. Eccole.
  • L’economia turistica del nostro Paese ha recentemente scoperto la via Francigena. E l’Italia, come dimostra la pubblicistica dei mass-media, sembra solcata da tante "vie Francigene". Ma quante sono in realtà? E non è “taroccata” anche quella che tocca Vercelli, facendola provenire dalle Alpi occidentali?
  • Partendo dal presupposto che la via conosciuta come “Via di Sigerico” che da Roma conduce a Canterbury passando per Vercelli ha ottenuto dall’UE il riconoscimento di 2° Cammino Culturale Europeo dopo quello di Santiago, con il titolo di Via Francigena, depone a favore della sua unicità. E’ però difficile far conciliare questa affermazione con la realtà geografica della nostra penisola, e non solo, in quanto i pellegrini medievali che partivano ad esempio da Venezia non scendevano a Roma per quella che oggi chiamiamo “Via Francigena” ma seguivano un percorso diverso. Per concludere le Vie Francigene possono essere tante, quasi un fascio di vie che avevano o che hanno un unico punto d’arrivo: Roma, per buona pace di tutti.
  • Anche in funzione terapeutica contro la nostra vita moderna, la via Francigena dovrebbe indurre quanti la percorrono a camminare in “modo umano”, rinunciando alla rapidità propria delle più recenti applicazioni informatiche. Ma poi l’organizzazione che cura e gestisce la via Francigena a livello nazionale e internazionale, ricorre ai satelliti e alla comunicazione fra la rapidità delle applicazioni informatiche e la lentezza salutare propugnata dalla filosofia della via Francigena. E’ proprio cosi?
  • Rispondo con la mia esperienza personale: nel 2000 ho percorso la Via Francigena fino a Roma con mio figlio, allora quindicenne, tra l’altro compagno di classe di sua figlia Micol. A quel tempo, sono passati solo 15 anni, la Via Francigena non era segnata. Esisteva solo la traccia delle tappe lasciata dal diario di Sigerico. Occorreva trovarsi la strada e affrontare i pericoli della Via Cassia con il suo traffico e avere un buon senso dell’orientamento. In chiave moderna ho vissuto, in parte, gli stessi problemi dei pellegrini medievali. Ho ripercorso la Via Francigena a distanza di 13 anni con il gruppo degli Amici della Via Francigena di Vercelli, gruppo composto da 25 persone e che ha potuto godere del supporto della segnaletica posata e dei mezzi tecnologici che oggi la modernità ci mette a disposizione. Personalmente non li rifiuto quando conduco un gruppo numeroso, ma non li uso se vado da solo perché voglio gustare fino in fondo la filosofia dell’andare lento… a volte in tutti i sensi.
  • La via Francigena è davvero il simbolo dell’aspirazione all’Europa unita e a quanto contraddittoriamente sta vivendo in questo momento la Comunità Europea? La confusione politico-istituzionale di Canterbury nel dodicesimo secolo e l’assassinio in cattedrale di Tommaso Becket (1154/1170) nonché la Costituzione di Clarendon (1164) testimoniano, allora come adesso, l’impossibilità della sostanziale unità europea…
  • L’unità europea a livello di Via Francigena, cioè di pellegrini che si mettono su una strada per mesi percorrendo un cammino culturale e di fede, mi permetto di affermare che nasca spontaneamente tra coloro che la percorrono. La condivisione della fatica, del tetto comune di un ostello, delle proprie impressioni e la gioia dell’arrivo sono le basi su cui tanti rapporti rimangono saldi nel tempo a distanza di migliaia di km. Molte tensioni si stemperano tra coloro che hanno la forza e la volontà di camminare e questo dovrebbe essere di esempio a quanti si limitano oggi a dissertare su certi valori.  
  • I viandanti della via Francigena percorrendola, scoprono che ogni territorio attraversato possiede lo spirito dei luoghi, già ben richiamato dalla cultura romana e che i tedeschi, romanticamente, chiamano Schulzgeist. Ma Vercelli, dove cento aderenti alla via Francigena stanno emergendo culturalmente, colgono davvero lo spirito dei luoghi? E con quali caratteristiche? Ed esso riesce a trasferirsi culturalmente in quanti percorrono la nostravia Francigena
  • Ogni strada, ogni luogo, ogni paese attraversato esterna una sua energia particolare. La si coglie in modi diversi, dall’architettura delle case, dall’accoglienza che viene data ai viandanti, allo stupore a volte che si suscita nell’entrare in relazione con persone non avvezze a spostarsi a piedi. La Via Francigena quindi è un mondo grande, completo, interessante, degno di essere vissuto. Quando poi la percorri, come tutte le altre vie, ti contagia. A tua volta, diventi un diffusore e un sostenitore dell’andar lento, come una grande fonte di cultura, di fraternità e di condivisione.