Perché non beviamo la nostra acqua? Quattro domande a Federico Perini

Vercelli e il suo territorio sono chiamati terre d’acqua. Perché dalla metà del Settecento su una superficie di circa 100.000 ettari è il regno della risaia, preminente sulle altre attività economiche, come anche nel Novarese e nella Lomellina Pavese. Gli specialisti della Associazione di irrigazione Ovest Sesia, fondata da Camillo Cavour nel 1853 e della Associazione Est Sesia, nata a Novara nel 1923,  osservano puntualmente che la ricchezza idrica è proprio dovuta alle risaie che alimentano le vene d’acqua superficiali, ugualmente sostenendo la superficie e i suoi monumenti con un cuscinetto idrico che accentua la sua funzione da aprile ad agosto, i mesi della coltivazione annuale del riso.
Federico Perini, 55 anni, vercellese di Roma essendo nato nella Capitale, però avendo studiato nel Vercellese dove ha conseguito il diploma di perito chimico e ha lavorato a lungo negli impianti di depurazione dell’acqua, è dal 1995 responsabile del servizio idrico integrato di Atena. In relazione a questo incarico, che riguarda anche la salubrità dell’acqua possibile veicolo di inquinamento per i processi chimico-fisici in superficie e nel sottosuolo, Perini è stato invitato dal Kiwanis Club di Vercelli, presieduto da Piero Castello, per una conferenza, l’8 gennaio 2015, sul tema perché non beviamo la nostra acqua e sugli altri smisurati argomenti idrici nel Vercellese, in Italia e nel mondo. Il tecnico dell’Atena ha rilasciato per il nostro sito anche una intervista esclusiva, rispondendo alle quattro domande che per noi, ormai, sono diventati una tradizione. E in questo contesto, da specialista, Federico Perini rammenta che fino alla metà dell’Ottocento a Vercelli, per garantire l’acqua potabile si cercavano le vene superficiali. Tuttavia, forse anche per la risaia ma soprattutto per le vicine montagne, il sottosuolo profondo è ricco di incontaminate risorse idriche. Le trivellazioni in profondità dei pozzi incominciarono nel 1902 ai tempi del sindaco ingegner Piero Lucca poi diventato senatore e che cadenzò la storia del primo Novecento della città.
L’acqua che beviamo non è solo eccellente da un punto di vista chimico-fisico, ma è di prima qualità, concorrente delle tante minerali.”La durezza dell’acqua di Vercelli - osserva Perini - è intorno a 10, quindi senza problemi di digeribilità. Paragonata a quella di Roma, là la durezza è intorno a 45-50”
  • Siamo fatti d’acqua. Senza acqua non ci sarebbe vita sulla Terra. Ma perché l’acqua è più importante del petrolio e perché potrebbe scatenare conflitti drammatici?
E’ la legge della sopravvivenza che comanda! Senza acqua appunto non si vive di sicuro, mentre senza petrolio certamente si ed è provato da miliardi e miliardi di persone che hanno vissuto prima di noi, probabilmente anche meglio, quando ancora non si sapeva dell’esistenza dell’”oro nero”.
C’è solo la possibilità di scatenare “altri” conflitti per avere la disponibilità dell’acqua perchè siamo già in guerra da molti anni, basti pensare al dominio dei proprietari terrieri dei primi del ‘900, alle diatribe dei paesi africani e del sud America, all’egemonia dei produttori di acqua minerale per arrivare, nel nostro “piccolo”, all’attuale gestione dei Servizi Idrici da parte delle ATO, che guarda caso dopo circa venti anni non riesce a far mettere d’accordo i vari gestori del territorio per definire un “gestore unico” come previsto da normativa; questa non è guerra?
  • L’economista Paolo De Castro dell’Università di Bologna evidenzia che l’acqua è mal distribuita sul Globo: il 15% in Amazzonia dove vive l’uno per cento della popolazione mentre il 7% in Cina dove vive il 20% delle persone. E le Nazioni Unite sostengono che investendo solo lo 0,16 % del Pil Mondiale si  renderebbe più armonica la distribuzione delle risorse idriche. Ma è proprio vero, e che bisognerebbe fare in Italia e in Occidente?
 Il bilanciamento della risorsa idrica in funzione della densità abitativa è da sempre un fattore dipendente dalla cultura e sviluppo dei popoli ed il suo sbilanciamento aumenta di pari passo con l’aumentare dell’industrializzazione. Sono un po scettico su una ipotetica ridistribuzione della risorsa a livello globale, a prescindere dai costi. Perché allora non portiamo acqua nel deserto? Li c’è tanto spazio, il sole non manca e se diamo acqua quella terra, prendendola dove c’è maggiore disponibilità, il deserto diventerebbe una enorme oasi; troviamo qualche buon imprenditore? Il buon senso mi porta a dire che è molto difficile farlo senza creare qualche disastro ambientale.
In Italia ed altri paesi occidentali, non tutti fortunatamente, la possibilità di intervenire per rimuovere le varie situazioni di criticità non è così remota. L’acqua c’è e basta prenderla nel modo corretto e soprattutto gestirla e restituirla al territorio nella maniera più consona, occorre soltanto volontà, onestà e buona preparazione di chi è addetto ai lavori.
  • Senza acqua l’agricoltura della Pianura Padana non avrebbe conosciuto il suo rigoglio, anche tenendo conto che il 40%  delle risorse idriche è assorbito dal settore primario e che con la capacità di stoccaggio come le “banche dell’acqua” così definite negli anni Ottanta, cioè le dighe, negli ultimi cinquant’anni i sistemi irrigui e di distribuzione sono aumentati del 700%. Ma l’acqua è un elemento che anche  favorisce grandemente l’inquinamento. Che cosa fare per determinare un inversione di tendenza e puntare davvero alle  acque davvero pulite?

Come tutte le cose occorre trovare un punto di equilibrio tra vantaggi e svantaggi, questo nei decenni scorsi non è stato fatto e le conseguenze dell’inquinamento oggi si pagano in modo molto salato. Qualcuno finalmente ha capito che il problema della risorsa idrica non è dovuto tanto dalla sua disponibilità in natura, le citate banche dell’acqua lo dimostrano, ma bensì dalla necessità di depurare le acque utilizzate prima di restituirle all’ambiente. Il Ciclo Idrico Integrato si occupa proprio di questo ed oggi le Autorità d’Ambito impongono ai gestori del nostro territorio di privilegiare a tutti i costi gli investimenti per la depurazione delle acque reflue. Ritengo che con interventi mirati a risolvere problematiche comuni a più aree urbane confinanti si possa dare una svolta determinante per la risoluzione di criticità storiche dei nostri comuni.
  • Ritorniamo al petrolio di cui il gas metano è un derivato fisico-chimico. Perché, giudicando dalle bollette commerciali, l’acqua potabile e per uso civile costa circa  il doppio del metano?
Non so se dire se siamo fortunati o no in Italia da questo punto di vista, perché qui da noi più o meno un metro cubo d’acqua costa poco più di un metro cubo di gas, ma se ci si sposta in Francia od in Germania si può vedere che il costo dell’acqua rispetto a noi è maggiore di c.a 4 volte ed anche più.
Questo dipende principalmente dai costi di gestione ed investimento da sostenere annualmente che richiedono interventi costanti per mantenere efficiente il servizio. Come possiamo in Italia recuperare una grave situazione di criticità legata al precario stato di conservazione delle infrastrutture, contenendo al minimo i costi della tariffa?
Risposta ovvia: Se operiamo bene e manteniamo il costo attuale dell’acqua probabilmente impiegheremo almeno un tempo di 4 volte superiore rispetto agli altri per allinearci allo standard gestionale europeo.