Quattro domande a…Cinzia Verni

(En.Vi.) Nei suoi capolavori che disseminano la Toscana e il Centro Italia, Michelangelo si approvvigionava del materiale che gli occorreva per le sue statue dalle cave di marmo di Carrara. E “l’artigiano” Benvenuto Cellini sceglieva anche i materiali più umili per la sua produzione che stupì l’Europa.
A cinque secoli di distanza, gli artisti moderni, che come i loro predecessori sono anche grandi sognatori, ispirandosi alla loro fantasia, altrettanto puntuale, ricorrono ad una “nuova cava”, considerata una “piaga continuamente incombente” dei nostri tempi: i luoghi delle discariche dei rifiuti che disseminano i nostri bellissimi paesaggi italiani, o i meno giganteschi “immondezzai” creati dalla inciviltà della gente, dimentica del nostro patrimonio artistico ai primi posti nel vecchio Continente, sempre più apprezzato nelle “Americhe” che conobbero il Barocco, o nell’Asia in grado di offrire un altro rilevante patrimonio artistico, in Europa scarsamente conosciuto dopo la moda ottocentesca delle “cineserie”. Anche la carta di giornale e dei rotocalchi, di cui i giornalisti sono assai gelosi, sono diventati una “cava” costituita dagli archivi anche fatti dai vecchi volumi fin dai tempi di Johannes Gutemberg e delle sue Bibbie.
In questo scenario, anche dai risvolti assai contradditori, stanno sempre più emergendo gli artisti moderni tra i quali la umbro-toscana Cinzia Verni, classe 1962 e nascita a Siena come ricordano le sue biografie compilate in occasione di sue mostre in Italia e nel mondo. A Vercelli il 14 aprile per il Kiwanis Club di Vercelli, Cinzia Verni spiegherà che cosa si possa creare con la “sartoria effimera” resa possibile dal tessuto, altrettanto effimero, fatto dai vecchi giornali. E, contestualmente, Cinzia Verni parlerà di arte nei nostri anni. Alla giovane artista, ormai per tradizione ormai consolidata il Kiwanis Club ha proposto le quattro domande che seguono.
  • In una recensione che riguarda sue mostre, un critico richiama le sue radici artistiche che affondano nella stagione di Marinetti e del manifesto futurista di Parigi. L’affermazione ha davvero fondamento, o la sua arte si basa su una creatività del tutto personale anche quando inventa abiti con vecchi fogli di giornale?
Ogni critico ha di me una versione diversa, in questa recensione a cui lei fa riferimento il richiamo del futurismo è trapelato x alcune istallazioni con provocazioni sul arte che avevo realizzato; detto ciò io non mi colloco in nessuna corrente, amo l'Arte in tutte le sue forme da quella antica a quella contemporanea. I miei fogli a cui si riferisce sono la ricerca di titoli, che ispirano i miei abiti racconto attraverso il quotidiano del Sole 24
  • Sempre nelle note critiche che parlano ampiamente di Lei, dei suoi abiti un po’ “posticci” perché difficilmente da indossare, sembra comunque presente la lezione sartoriale del “vestire bene” di Alberto Fabiani. E’ una interpretazione forzata, o la sua arte si colloca nel Novecento e nei decenni di Fabiani e del “vestire bene”, purtroppo cancellato oggi dalla “sartoria industriale?

Certo la mia carta non è un vero tessuto ma i miei sono abiti" Effimeri" in quanto non penso alla durata di essi,ma piuttosto all'estetica rigorosa che proprio il Maestro FABIANI mi ha insegnato. La sartoria industriale non mi ha mai interessato, io realizzo solo pezzi unici e sculture indossabili anche solo x un giorno.
  • Anche Lei, con molti altri artisti, è stata presente alle rassegne dedicate all’arte del riciclo, che attinge copiosamente dai rifiuti, piaga dalla modernità, che utilizza mobili vecchi, plastica, legno o gli oggetti del più recente modernariato. Ma è vera arte, o soltanto una maniera di liberarsi dei residui dell’immondizia, secondo le ultime ricerche fatte dall’ISPRA a 156 chilogrammi pro capite per gli italiani e a 243 tonnellate prodotte in Europa?

Anche io ho partecipato ad alcuni eventi dedicati al riciclo, quando ancora non c'era l invasione di hobbisti, ma un lavoro pensato e curato nei dettagli compreso il titolo. Lei mi chiede se è vera arte quella dedicata ai rifiuti... io posso parlare del mio pensiero di arte, quando osservo un'opera se mi lascia un'emozione o mi fa pensare allora c'è il messaggio altrimenti è soltanto un'idea intelligente copiata molto bene.
  • La sua creatività, che forse anche subisce l’influenza industriale umbra, con le carte avvolgibili di cioccolatini, è diventata il logo di un recente vernissage. Questa scelta dei curatori del vernissage e della mostra che è seguita l’ha lusingata, o avendo caro lo spirito di artista l’ha un po’ disturbata con questi riferimenti che forse non hanno nulla da sparire con l’arte ?

Il VERNI-assage è il titolo della mostra dedicata alla cioccolata, materia che ho trattato in quel occasione dove gli scarti e gli incarti sono stati trasformati in un irrefrenabile gioco di istallazioni e sculture itineranti, non ho pensato alle lusinghe ma, a creare un lavoro fatto di concetti e di temi attuali come bulimia e anoressia dando una connotazione più profonda alla mostra. Per quanto riguarda l influenza industriale Umbria le dico... io sono molto affezionata a questa regione vivo in un bellissimo borgo medievale ma sono nata a Sarteano (Si) e la mia influenza arriva da là, dai miei luoghi i miei colori le crete senesi e le energie confuse dei nostri panorami dove prendo forza x ogni mio lavoro e x ogni mio tormento!!!!!