4 domande a Vittorio Ferraris BSA
Come di consueto abbiamo intervistato Vittorio Ferraris, uno dei fondatori del birrificio vercellese BSA e protagonista della prossima serata del Kiwanis Club Vercelli di giovedì 12 gennaio, proponendogli le nostre 4 domande.
- La birra artigianale nel cuore della risaia, prodotto dal quale anche si trae la bevanda? La storia in un "brevissimo" racconto della sua azienda, e quali i motivi che l'hanno spinta ad affrontare un mare così pericoloso, popolato di "pescecani", ovvero multinazionali sperimentate nell'universo dei birrifici?
Con l'avvento della birra artigianale il mercato italiano ha cominciato a conoscere ed apprezzare altri stili birrari come quelli proposti dal nostro birrificio.
E' ovvio che ancora oggi, nonostante una notevole crescita nella distribuzione, il mondo della birra artigianale costituisce una piccolissima fetta del consumo totale (non si raggiunge il 3% dei volumi nazionali) però il prodotto comincia ad avere una sua identità precisa e – dal 2016 – è anche tutelato da una norma che sancisce una denominazione legale.
Per noi è molto importante il legame al territorio (tante nostre birre hanno un richiamo chiarissimo) ma non per questo ci siamo concentrati sull'utilizzo del riso come ingrediente principale.
Noi riteniamo che la birra di riso non sia un prodotto di qualità (tanto che spesso viene utilizzato dall'industria per contenere i costi di produzione). Nonostante ciò siamo convinti che un utilizzo fatto con attenzione alla qualità di base del riso e alla sua trasformazione nel processo di fermentazione possa dare vita a prodotti di grandissimo valore come ad esempio alcune birre o alcuni fermentati creati dal nostro birrificio che hanno ricevuto riconoscimenti a livelli altissimi.
- Ma il vino italiano che si sta imponendo nel mondo, più di quello francese, è davvero un concorrente della birra, sempre più importante da quando i cinesi si stanno imponendo nell'universo della "piccola ristorazione" e dei bar?
L'italia è all'ultimo posto tra i paesi europei nel consumo di birra (forse anche al mondo).
E' un discorso di cultura, di abitudini, di predisposizione del consumatore.
Quante famiglie durante i pasti (domestici) consumano birra? Quanti ristoranti propongono carte con vino e birra? Un numero limitatissimo.
Certo che una svolta nelle abitudini culinarie (fast food, multietnia, ...) possono facilitare il consumo di birra, ma sarà comunque un processo molto lento e sarà sempre legato a birre di valore molto basso
- La birra si sta forse ricavando una posizione importante da quando ha ritrovato le sue radici enogastronomiche in Italia. E' proprio vero quanto stanno imponendo la pubblicità e un marketing specializzato?
Esiste un consumo di birra "da bevuta dissetante", prodotta dal mondo industriale, praticamente un monoprodotto con caratteristiche organolettiche sempre uguali che trova il suo sbocco nei bar, nelle pizzerie, nel fast food ...
Esiste un consumo di birra di qualità (ok - definita anche "artigianale") che al momento continua ad essere legato ad una piccola cerchia di consumatori consapevoli e che trova sbocco nei PUB specializzati e in alcuni settori di ristorazione.
Sono due cose distinte. Con dimensioni completamente diverse, anche se la prima – avvertendo una crescita "pericolosa" del settore artigianale - ha cominciato ad investire molto nella ricerca e nel marketing per "scimmiottare" quanto creato dalla seconda. Certo al momento è solo marketing perché i prodotti non sono assolutamente confrontabili.
- La birra artigianale è amica, o nemica della buona cucina italiana, non però della "novella cucina" che anche propone piatti francamente inaccettabili, come quelli a base di insetti, soltanto carichi di tante proteine delle quali non abbiamo molta necessità.
Ma anche noi produttori – che spesso siamo anche gestori di locali di mescita – cerchiamo di costruire offerte con una grandissima attenzione alla qualità e alle radici del territorio.
Certo non gli insetti!!